La manifattura in Provincia di Udine ha registrato nel terzo trimestre dell’anno in corso una contrazione che è solo in parte riferibile alle dinamiche della pausa estiva.
Sul peggioramento del quadro produttivo pesano la stretta monetaria in atto e la debolezza della domanda interna ed europea.
Questo è quanto emerge dall’elaborazione dati dell’Ufficio Studi di Confindustria Udine. In dettaglio, nel terzo trimestre 2023 la produzione industriale in provincia di Udine è scesa del 7,7% rispetto allo stesso periodo del 2022 (nel primo semestre si era registrato un calo tendenziale del 2,8%) e del 9% rispetto ai tre mesi precedenti.
Con il calo della produzione l’utilizzo degli impianti produttivi scende al 73,5% dal 78,1% del primo semestre.
Le aspettative delle imprese e gli ordinativi hanno subito un ulteriore deterioramento, registrando rispettivamente su base tendenziale un calo dell’8,1% e del 9,7%, se confrontati con il secondo trimestre dell’anno.
Mentre le previsioni degli industriali intervistati sono che il 12% prevede un incremento della produzione, il 33% ne prevede l’assestamento, e il 55% pronostica una contrazione.
Il calo dell’attività produttiva industriale, al momento, non produce effetti sull’occupazione che rimane ampiamente stabile.
Con riferimento ai singoli comparti e analizzando la variazione rispetto allo stesso trimestre dello scorso anno, si registra una flessione minore nella meccanica (-1,1%) e nell’alimentare (-2,3%), mentre presentano maggiori criticità i settori della siderurgia (-11,2%), del legno arredo (-7,2%), della carta (-15%), pelli e cuoio (-18%), materiali da costruzione (-24%).
La modesta domanda estera, in primis della Germania, principale partner delle imprese friulane, e l’inasprimento delle condizioni di finanziamento inducono a ridurre gli investimenti e la spesa per i consumi. Anche il settore dei servizi mostra una perdita di vigore, principalmente riconducibile al propagarsi del calo nell’attività industriale, confermando che il manifatturiero è parte rilevante nella creazione di Pil.
Prosegue invece la decelerazione nella dinamica dei prezzi: il tasso di inflazione, che ad ottobre non incorpora più il brusco rialzo dei prezzi energetici dello scorso anno, è sceso sotto il 2%. Anche la componente di fondo, che esclude i beni energetici e alimentari, è diminuita, sebbene si mantenga su valori ancora elevati (+4,2%).
Nonostante questo scenario, è consigliabile continuare ad investire, come fatto con l’industria 4.0, cosa che ha permesso un rapido rimbalzo post pandemico ed investendo si sarà pronti a cogliere le opportunità che si presenteranno nei prossimi mesi dalla transizione green e digitale.
A tal fine si evidenzia che dal Governo le risorse, per stimolare gli investimenti, arriveranno con la ridefinizione degli obiettivi del Pnrr. Ma nei suoi primi tre anni, 2021-23, il Pnrr ha impresso una spinta cumulata alla crescita del Pil dello 0,8%, più che dimezzata rispetto all’1,7% stimata nel 2022. Gli impatti del Pnrr sono stati diluiti nel tempo, ma la prevista accelerazione futura dipenderà anche dal risultato delle negoziazioni con l’Europa sul debito italiano.
L’andamento conferma che il raffreddamento dell’economia, come previsto qualche mese fa, si sta consolidando. Si può ipotizzare che il punto più basso sarà raggiunto nei primi 6 mesi del 2024 per poi stabilizzarsi e risalire.
Da auspicare che il manufacturing si riprenda al più presto, essendo la colonna del Pil, anche per l’indotto che alimenta.